Sono in stanza sdraiato sul letto a
riposarmi. Devo ammettere che il viaggio è stato un poco stancante. Sette ore di
treno sono tante ma è stata una mia scelta. Amo fare di testa mia e poi
pentirmi. Comunque non c’è niente da fare in treno scrivo meglio, ho la tranquillità necessaria. In aereo invece succede tutto così rapidamente che i pensieri non
fanno in tempo ad accendersi e diventare idee che si è arrivati già a destinazione. Sento di aver bisogno di assimilare la
distanza.
La stanza dell’hotel è squallida ma c’è
tutto quello di cui ho bisogno per passare la notte. Guardo fuori dalla finestra: la pioggia cade
fitta. L’ho portata io da Milano ne sono sicuro. Mi ha seguito anche qui. Suona il telefono. Sono arrivati a prendermi.
Mi guardo allo specchio, sistemo la mia camicia preferita di lino, metto la
giacca a vento ed esco.
Nella “hall” c’è una signora che
mi aspetta sorridente. Mi viene incontro. Contraccambio il sorriso. Ci
stringiamo la mano ed usciamo dall’hotel. In macchina c’è suo marito. Sarà il nostro Caronte fino a destinazione. Noto
che sulla portiera della macchina troneggia la locandina del festival
raffigurante una bella immagine presa dal film del mio amico Ivan.
Fuori dal finestrino scorre la periferia
parigina in tutto il suo squallore molto simile a quella milanese. Anche qui ci
sono tanti casermoni frutto di una sconsiderata edilizia popolare. Mi si leva il fiato a pensare
quante quante vite pulsino là dentro. Quante storie ci siano da raccontare.
I miei compagni di viaggio mi fanno i
complimenti per il film, dicono di averlo molto amato. E’ strano ma in Francia
il mio film sembra parlare maggiormente alle persone.
Arriviamo al cinema Jacques Tati con un’ora
di anticipo. Beviamo una birra nel bar adiacente alla sala e conosco altre persone
che fanno parte dell’associazione organizzatrice del festival. In Francia è
pieno di realtà simili che hanno lo scopo di promuovere la cultura italiana sul territorio. Grazie ad
esse il mio film ha avuto una buona visibilità.
Mentre sorseggio la mia birra e sgranocchio
delle noccioline osservo le pareti
del bar. Ci sono locandine di vecchi film francesi e quelle dei film italiani
che partecipano al festival. Della mia neanche l’ombra...
La sala è piena di gente. Il direttore del cinema mi
presenta. Io saluto e ringrazio rispolverando il mio francese da scuola media,
ci tengo a comunicare nella lingua di chi mi ospita mi sembra un segno di
civiltà e cortesia.
Si spengono le luci, il film inizia.
Vado a mangiare con gli organizzatori,
sempre nel bar adiacente, sì quello lì dove la locandina
del mio film manca... Il cibo non è un granché ma chi mi conosce sa che non
mi fermo davanti a nulla. Il vino è buono e la compagnia ancor meglio.
Il film è terminato. Vengo accolto da un
caloroso applauso. Il dibattito è lungo ed intenso. E’ molto bello parlare a chi ha appena visto il tuo film. Rispondere alle critiche, sorridere a un
complimento o motivare una scelta. In questi momenti mi dico sempre di non
prendermi troppo sul serio. Noi registi abbiamo un ego smisurato che spesso si
impossessa di noi. Diffidate da chi vi racconta il contrario.
Ora che ci penso avevo anche scritto una
piccola storia a riguardo, un esorcista per registi. Comunque…
Ritorniamo al solito bar dove
l’organizzazione offre un rinfresco agli spettatori. Continuo a parlare con la
gente, a rispondere a domande, a cercare di farmi capire nel mio francese
stentato. Quando sento l’impellente bisogno di andare al bagno.
Camminando
verso la toilette tiro le somme della serata. Mi ritengo soddisfatto, il film sembra essere piaciuto. Peccato solo per la locandina... Però i francesi si
confermano essere degli intenditori del buon cinema. Sorrido tra me . Forse dovrei trasferirmi a Parigi!
Quand’ecco che arrivo davanti alla porta della toilette e tutto improvvisamente
ritorna al suo posto riportandomi con i piedi per terra.
naaaaaaaa!
RispondiEliminanon ci credo....
troppo bella per essere vera.